DONNE E MEDICINA - UN SUCCESSO A LUNGO ATTESO

Geriatre, oncologhe, neuropsichiatre, reumatologhe e chirurghe. E ancora, anestesiste, odontoiatre e genetiste.

Alle orecchie poco allenate di un individuo del primo Novecento, questi termini potrebbero apparire bizzarri o quantomeno insoliti, ma l’inversione di tendenza culturale e sociale alla quale stiamo assistendo è più che mai evidente e non accenna a interrompersi.


A partire da Ernestina Paper, originaria di Odessa, che discusse la sua laurea all’Università di Firenze nel 1877 divenendo la prima laureata d’Italia in Medicina, la strada è stata lunga e irta di contrasti.

È per questo che oggi, in occasione dell’8 marzo, intendiamo celebrare l’affermazione e il successo delle donne in Medicina, che soprattutto nell’ultimo ventennio sono riuscite nell’impresa di scalare una montagna fatta di pregiudizi, stereotipi o isolamento, compattandosi e assicurando la propria posizione non in virtù delle pari opportunità, ma della competenza e della tecnica dimostrata.

Ad oggi, gli ospedali e le cliniche italiane e non, presentano una differenziazione di genere che si attesta sul 50%, confermando un trend positivo di rilevanza storica.

UN PO DI DATI

Confrontando i dati elaborati dal Ced della FNOMCeO (Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri) tra il 2021 e il 2023 si è registrato un sorpasso interessante: dei circa 330.000 medici con meno di 69 anni, il 52% è rappresentato da donne. Un dato che mostra la sua valenza per tutte le fasce d’età sotto i 55 anni – con addirittura il doppio dei professionisti tra i 35 e i 45 anni - ma che tende a svanire dai 60 anni in su, dove il gap dettato dalle generazioni passate si fa più robusto.
Volgendo lo sguardo agli Odontoiatri, la maggioranza maschile è evidente dal rapporto di 4 a 1 per le fasce più adulte, che si assottiglia però all’analisi dei neolaureati, oggi solo al 52% a favore degli uomini.

VECCHI PROBLEMI, NUOVI ORIZZONTI

Al netto dei numeri, è naturale che gli ostacoli posti sul cammino e sulle carriere delle donne nel mondo della medicina – e non solo in quello – sono ancora numerosi, alcuni difficili da ostracizzare. Il retaggio culturale delle vecchie generazioni, la mancanza di politiche ad-hoc per le madri lavoratrici e la carenza di donne a ricoprire cariche dirigenziali costituiscono un freno importante.

Da un’indagine condotta dal SIRM (Società Italiana di Radiologia Medica e Interventistica) il 54% delle donne medico (contro il 18% degli uomini) afferma di aver rinunciato ai figli, o di averne avuti di meno di quelli che desiderava, a causa degli impegni di lavoro. Inoltre, il 44% di loro (contro il 10% degli uomini) riporta come l’appartenenza di genere sia ancora un elemento condizionante nello sviluppo della carriera.

Si tratta di casi, ma è evidente come la combinazione di questi tre macro-problemi impediscano di fatto la piena realizzazione delle donne nel mondo del lavoro.

Su questo punto Filippo Anelli, presidente della FNOMCeO, e un team di esperti hanno ragionato sulla necessità di introdurre strategie non solo di work-life balance, ma anche di work-life integration.
Ciò significa proiettare su un binomio imprescindibile uomo-donna tutte le iniziative di riduzione o rimodulazione dei tempi di lavoro (come part-time, orari flessibili, permessi, congedi parentali e di maternità e servizi di baby-sitting), ponendo la collaborazione e la condivisione degli oneri in un contesto di interscambio e sostegno reciproco.
Solo liberando la donna dal carico univoco della gestione familiare sarà possibile andare oltre, garantendo un maggiore equilibrio sociale e raccogliendo da subito tutti i frutti dell’enorme patrimonio culturale e scientifico che stiamo sviluppando nelle nostre università.

IL FUTURO È ROSA

Sommando i dati raccolti dal FNOMCeO ad alcuni recenti studi epistemologici, siamo oggi in grado di prevedere con relativa certezza la centralità che le donne ricopriranno nelle professioni sanitarie da qui a 10 anni.
L’Italia, che tra i paesi della comunità europea è quello con i medici più anziani, andrà incontro infatti ad una progressiva femminilizzazione della professione medica, dovuta al pensionamento della classe dirigente a maggioranza maschile e all’avanzamento delle donne, già la maggioranza tra i medici di fascia media e ancor più numerose tra i neolaureati.
Lo scarto a favore degli uomini tra medici e personale infermieristico diminuirà; le specializzazioni mediche a connotazione maschile – come le branche chirurgiche – andrà a bilanciarsi.
Non si tratterà, infine, di un fenomeno esclusivamente nazionale: Spagna, Francia e Regno Unito stanno già andando nella stessa direzione, e le politiche sanitarie dovranno adattarsi ad un cambiamento epocale.
Su tutte, la dismissione del modello professionale attuale, che tiene conto solo a margine degli obblighi extralavorativi delle donne, ma anche delle convenzioni sociali del secolo scorso, ormai del tutto anacronistiche.

In tutto questo, alle donne medico il compito di affermare la propria dignità professionale, opponendosi alle limitazioni di genere e cogliendo le nuove sfumature sociali e legislative come un trampolino verso la piena uguaglianza.

 

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